Ognun’ fec’ cum l’ renn e commt’
La meglia paruol’ è quer’ ca n’ nness’
Quante volte avremo pronunciato o sentito pronunciare queste due massime!? E sicuramente le avremo date per scontate per la loro logica intrinseca. Non è vero?Ma qual è la loro origine? Tra gli illustri personaggi di cui siamo stati e siamo tuttora paesani (perché anche se morti il loro ricordo è sempre vivo e, il solo fatto che ancora oggi si pronunciano frasi di questo tipo, dimostra quanto siano ancora viventi), ve ne é uno che sicuramente è annoverato tra i più trascurati. Questi è quel grande filosofo (come qualcuno l’ha definito) Pascal La Paciuc (nella foto).Questo è il soprannome con il quale tutti lo abbiamo conosciuto. Il suo vero nome era Pasquale Gabriele, nato a Deliceto il 21 febbraio 1896 da Nunzio e Mariangela Cappiello e morto il 25 dicembre 1976.Quando qualcuno si fa chiamare con un nome diverso dal suo, a Deliceto si è solito dire: “che fé cum a Pascal la paciuc ca cagn nom!”. Sì, il buon Pasquale desiderava farsi chiamare Giuseppe. Per una sua biografia, la più attendibile possibile, ho chiesto informazioni tra coloro che potevano fornirmela e, dopo aver interpellato più amici oltre i 70 anni ed aver riscontrato la univocità delle loro dichiarazioni, sono addivenuto alla motivazione del suo desiderio di cambiare nome. Da ragazzo era molto introverso ma devoto (come era naturale per persone di quel tempo) e, proprio per la sua devozione era solito portare dei santi in processione. Durante una di queste occasioni in cui portava San Pasquale sulle spalle, alla discesa del castello, all’incrocio con Via Scarano inciampò causando la caduta della statua con relativa rottura. Immaginiamo lo shock per l’accaduto con tutte le relative conseguenze! Questo fatto lo portò a ripudiare il suo nome di nascita e desiderare di essere chiamato Giuseppe.Per averlo personalmente conosciuto, come tutti gli attuali sessantenni, ritengo di poter dire che era un uomo straordinario per intelligenza, umiltà e umanità. Quando lo si trattava da essere umano (a volte non avveniva per il suo modo di vestire simile a quello che oggi si definirebbe un “barbone”), non si poteva fare a meno di gustare la sua grande umanità e lo spontaneo dare conforto a chi ne aveva bisogno oltre che, con la sua carica di simpatia, far sorridere anche chi in quel momento era triste. A causa del suo carattere introverso e a quell’incidente occorsogli, entrò a far parte di quelli definiti “pacce” (matti). Non si è mai sposato e nutriva poco o nessuna simpatia verso sua madre (non sono riuscito ad avere notizie univoche sul perché). Che fosse un uomo felice e sereno, oltre quello che sembrava, è desumibile dall’espressione che risalta dalla fotografia. A tutti quelli a cui l’ho mostrata ha suscitato un’istintiva espressione di tenera simpatia. Quanto poco costa far sorridere una persona. E quanto poco vengono considerati quello che lo fanno! Tra questi c’è sicuramente il nostro amato e compianto Pascal La Paciuc. Rocco Giaquinto