Cronaca poetica di una festa patronale

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Il poeta Vincenzo D’Ambrosio (1890-1965), che ci piace considerare delicetano, ritrae lo svolgersi di una festa patronale paesana, minutamente, per l’intera giornata; e conclude con un raffronto fra ieri e oggi. La festa è quella del protettore di Deliceto, il beato Benvenuto da Gubbio, ma potrebbe essere benissimo quella di un altro santo in un altro paese, per l’attesa, l’atmosfera, il comune piacere del “dì di festa” che si respira. E’ pubblicata nel V volume – Armonie – della raccolta “Quando l’anima canta”; anno 1962. Mattia Iossa SAN BENVENUTO ALBA San Benvenuto! Un colpo secco, a l’alba,rintronando selvaggio a la campagna,annunziava la festa del Patrono(ne l’aria frizzantina e ancora scialbaodor di rose e viole, odor di maggio…)Poi, tripudiando, tutte le campane,da le valli e da i colli a la campagna,prorompevano, ondando, in vario tono.Or vicine or lontane,Ora lente or veloci,nelle strade deserte, risonavanole prime voci.Era gente solerte,che per la prima messa s’affrettavamentre gli ultimi tocchia gli archi e ai festonil’apparatore dava,e di ricchi damaschi e di copertes’ornavano balconi e davanzali. AURORA Ed ecco, a l’improvviso, dal Castelloun’echeggiar di trombe e di tamburie, lungo strade e vicoli,un gran vociare,un ridere e scherzare,un rincorrersi in festadi gente allegra e lesta:bimbe con vesti chiare,a colori sgargianti e grossi fiori,donne con vesti nere,uomini con la giacca e col cappelloe col fiore a l’occhiello.Così la gente da le varie stradenel Corso si riversa lietamente,tra venditori di castagne e noci,e sempre più s’accalca, più s’addensa,finché diventa un’ebbra folla immensa,la folla amorfa da le mille voci,fiumana che trabocca e che travolge.

MERIGGIO Di una carcassa al rapido segnale,movevasi, solenne e scintillante,la processione da la Cattedrale,sotto l’azzurro luminoso cieloE tra l’ampio osannar de le campane:le more verginelle in bianco velo,le suore e l’orfanellee, dietro, gli stendardi ed i pennoni,le pie congregazionicon le mozzette, come gli stendardi,di color nero, azzurro o cremisino.Infine il clero, tutto sfolgorante…Ed ecco il Santo, sotto il baldacchinotra dolci canti e palpitanti cuori,avanzar, barcollando, su le spallede i fieri portatori…(Dove Egli passa è un fervido pregare,un prostrarsi fidente, un ringraziare,una pioggia di baci e d’ebbri fiori!)Segue la musica, echeggiante a valle,che marcie intreccia a dolci melodie,e la massa compatta dei fedeli,che procede, cantando litanie…Talvolta, a tratti, un caldo soffio giungeche de i candidi ceri investe e piegal’azzurre luci.Tal’altra, lieve come un’ala bianca,passa, su tutti, un alito divino.Raggiunto il “Piano”, il Santo si fermavae – quasi sorridente // come persona vivatra la folla giuliva –assisteva, col popolo credente,a i fragorosi sparide i mortaretti e de le batterie. SERA

Nel pomeriggio, corse e vari giuochi,a sera, luminarie, orchestre e canti,e, a notte fonda, i fuochi.

IERI E OGGI Era un solenne e fervido pregare,un prostrarsi fidente, un ringraziare,una festa di luci e di colori,una pioggia di baci e d’ebbri fiori,dove passavi tu, San Benvenuto!Ora non più; pochi uomini ho veduto,l’altro giorno, seguirti in processione…A queste cose più non pone mentel’incivilita gente!

Vincenzo D’Ambrosio

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