S. MATTIA. UNA SERATA DI FUOCHI

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A cura di Antonella Catenazzo

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  Se devo dire la verità, non ho mai seguito molto la festività di S. Mattia, ormai identificata, qui a Deliceto, semplicemente come “i falò”.Vuoi perché spesso capitava in mezzo alla settimana e il giorno dopo c’era scuola, vuoi perché si è pur sempre a fine febbraio e il tempo, tra freddo e vento, un po’ mi scoraggiava.Quest’anno, risolto ogni problema: il santo, generoso, per permetterci di onorare la sua festa, ha chiuso protettivamente le sue mani a cupola sul paese, regalando a tutti una serata serena e quasi primaverile; e la Pro-Loco, per darGli una mano (si dice “aiutati che il ciel ti aiuta”) ha previdentemente spostato la data di un paio di giorni, da mercoledì 24 (data ufficiale) a sabato 27 (data non ufficiale ma, sinceramente, più comoda).L’anno scorso partecipai all’evento al seguito della commissione esaminatrice, il gruppo che si occupava di giudicare i vari falò in concorso.Quest’anno, incoraggiata dalla bella serata che quasi invitava a lunghe passeggiate a piedi, mi sono detta: voglio cercare di vedere tutto con gli occhi di un turista.Così,in compagnia di due amiche, alle sette, con il primo buio della sera e con le prime vaghe spire di fumo che già si scorgevano in lontananza nel cielo, ho iniziato il mio giro.La voce del sacerdote, don Leonard, risuonava esotica nella benedizione del primo falò, quello della Pro-Loco presso il Monumento, mentre noi eravamo ancora per strada; una volta giunte sul posto, il falò, appena acceso, cominciava lentamente a scoppiettare, invitando ad avvicinarsi i primi affezionati, già presenti sul posto.Ci siamo trattenute finchè il fuoco non ha divampato più sicuro, e abbiamo proseguito verso il secondo falò in ordine di vicinanza del nostro percorso: il falò di S. Antonio, organizzato dal gruppo Skaria. Avanzando lungo la salita di S. Antonio, verso la sommità su cui è costruita la chiesa, veniamo avvolte, ma mano che ci avviciniamo, da un odore pungente che si mescola con quello del fumo: è l’odore del legno, verde  e resinoso.Giunte sullo spiazzo antistante la chiesa, il fuoco si tende verso il cielo senza nulla che ne ostacoli la vista, e noi ci ritroviamo immerse in un atmosfera di altri tempi: donne e ragazze nei tipici costumi della tradizione contadina che corrono affaccendate per preparare gli assaggi gastronomici, uomini con lunghi tabarri scuri che sorvegliano il fuoco.Ci allontaniamo a malincuore mentre arrivano i fagioli e scendiamo verso la prossima destinazione: il falò di S. Rocco.Quando arriviamo è ancora spento, e possiamo studiarne l’allegorico messaggio: sulla catasta di legno, tra il verdeggiare di rami frondosi, c’è un fantoccio rappresentante Eva che si lascia tentare dal serpente, con tanto di mela rossa.

Lo spiazzo di Largo Giovanni XXIII è pieno di gente e di stand: artigianato locale, enogastronomia, e la Casa Canonica con le porte aperte da cui i ragazzi dell’Oratorio S. Domenico Savio, organizzatori del falò, fanno avanti e indietro per offrire ai visitatori le prime pizzette fritte, calde e profumate.

Scendiamo ancora, lungo la strada della Fontana. Lì sono due i falò che ci attendono, preparati su due stradine parallele: via Donizetti e via Arena Cavata.

Il primo è un falò tradizionale, e accoglie i visitatori con una salve di fuochi di artificio.

Richiama quasi subito l’attenzione di tutti il secondo falò, allestito nello spiazzo davanti alla ASL: gli organizzatori hanno dato sfogo eccellente alla vena artistica: la catasta di legno è disposta a ricreare l’immagine della Fontana Monumentale Mariamalia, con tanto di statua torreggiante in cima e tre fantocci vestiti da contadini che prendono l’acqua dalla fontana. Il tutto prende lentamente fuoco con lo studiato lancio di altri fuochi d’artificio, tra il vorticare di scintillanti girandole colorate.

Ci resta ancora un falò da vedere: è quello di Borgo Gavitelle.

Ci avviamo, passando per la piazza: sono ormai le nove e mezza, la folla è aumentata e il chiacchiericcio si sparge festoso, mescolandosi con le varie colonne sonore dei falò che vanno dai balli da balera alle musiche più folkloristiche di pizziche e tarantelle.

Passato il monumento, ci lasciamo alle spalle i suoni della piazza e, sulla strada delle Gavitelle, lentamente ci avvolge il periferico silenzio della serata inoltrata. L’ubicazione dell’ultimo falò è un po’ fuori mano, appena alle porte del paese.

Sarà anche per questo che quando arriviamo l’atmosfera che troviamo è più raccolta, più familiare: gli abitanti del quartiere sono riuniti intorno ad una grande tavolata, nel cortile di un palazzo, e il fuoco del falò rosseggia accogliente.

Passa qualche sparuto gruppetto di gente, e gli organizzatori invitano, cortesi, ad entrare.

Il nostro giro è finito.

Ritorniamo nella piazza chiassosa dove i soliti luculli assediano i tavoli dei vari falò per  …un pezzo di salsiccia, me ne da due? … e due pizzette fritte, … mi dà un piatto di fagioli?

Presso lo stand della Pro-Loco ci annunciano i vincitori: il primo premio all’estro artistico del falò di via Arena Cavata (vedi foto), il secondo al falò di S. Rocco, il terzo a quello di via Donizetti.

Ho riportato tutto, la mia serata da inviata si chiude così. Ora chiudo gli occhi del turista e vado a farmi un giro con i miei amici, un gruppo di delicetani tra tanti.

1 Commento
  1. toninosansevero dice

    GRANDIOSOOOOOOOOOOOO ! complimenti agli organizzatori .

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