STAZIONE CENTRALE: dove tutto ebbe inizio…

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Non dimenticherò mai quel rumore di treno

all’ingresso della Stazione Centrale, mentre

albeggiava…”

È questo l’inizio della mia storia del mio arrivo

a Milano, ma è questo l’inizio di tante storie

di Pugliesi che come me hanno lasciato la

propria terra e sono giunti in Lombardia.

La stazione rappresenta per tutti la fine

o l’inizio di un viaggio e il principio di

un’avventura che nel bene o nel male fa

crescere e diventare un po’ più uomini e un

po’ più donne.

L’immagine che resta indelebile negli occhi

di tanti emigranti è quella di questo terminale

ferroviario, immenso, caratterizzato da

pesanti strutture in acciaio, il cui cuore tecnologico

fatto di binari, di scambi, di cabine

di controllo, di ascensori, di montacarichi, di

impianti termici si fonde e si confonde con

il cuore di chi tante volte ha sostato in quel

luogo. La memoria di addii, partenze, saluti,

arrivi, abbracci, sorrisi ha traslocato dalla

primissima stazione di Milano del 1864, sul

luogo dove è ora Piazza della Repubblica,

alla seconda voluta da Re Vittorio Emanuele

III nel 1906, all’ultima del 1931, ma le emozioni

dello scendere da un treno sono tante e

sempre le stesse.

Lo sguardo di chi arriva non può che disperdersi

nei grandi ambienti pubblici dalla Biglietteria

centrale alla Galleria delle Carrozze,

che richiamano le architetture monumentali

romane pur essendo realizzate in materiali

più economici (nelle decorazioni il cemento

e il gesso imitano il marmo). Quell’enorme

galleria che avvolge ed inserisce in un

contesto nuovo tutto da eslporare, ma che

all’inizio fa un po’ paura. Si è alla ricerca di

un volto amico, di occhi noti, mentre la mente

è ancora ben radicata nella casa natale, nei

piccoli caldi spazi domestici. Si guardano i

Milanesi con ammirazione e disagio tipico

dello straniero in terra straniera, ma poi senza

quasi accorgercene si diventa presto “milanese

d’adozione”, “milanesi del Tacco”,

sempre alla moda e di fretta travolti nella vita

cittadina. E, se non fosse che ogni tanto si lascia

trapelare negli sguardi e nell’accento un

po’ di Puglia nella folla ormai ci si confonde.

In questo primo numero di Tacco&Sperone si

vuole partire da là “dove tutto ebbe inizio”. E

come ogni storia di un Pugliese emigrante

nella città meneghina iniziare con “C’era

una volta c’era una volta un viaggio, c’era

una volta un uomo alla Stazione centrale di

Milano.

Un numero all’insegna dei ricordi di viaggio,

comuni a tutti i migranti. Corre tra le righe

di questa rivista una sottile malinconia, mista

al riscatto, quel riscatto che un Pugliese non

ha potuto trovare nella sua amata terra natia,

ma che forse a mille chilometri di distanza

riesce ad intravedere. Perché ogni viaggio è

prima di tutto una sfida con sé stesso.

È sul filo della memoria che si vogliono

porre le basi di questa esperienza editoriale

che ci si auguria longeva nel tempo, un

filo che diventa sempre più spesso, pronto a

formare una maglia, la fitta rete dei Pugliesi,

che si stimano nella provincia milanese attorno

alle 500 mila unità.

Ora tocca tessere la tela del riscatto, nella

speranza che le nuove generazioni grazie al

nostro operato possano parlare come noi i

vari dialetti pugliesi e non solo un distante

accento lombardo, anche se è alla Grande

Milano che si è affidato la valigia colma dei

sogni.

Giuseppe De Carlo.

– Dal nuovo periodico TACCO E SPERONE – anno 1 n.1

 

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