L’aia

L’aia

Ti copristi in un attimo di biche,mutando in oro il verdeggiante piano,

luminoso Scarano.

Eccoli a l’opra i tuoi superbi figli

Uomini forti e giovanotti imberbi,

fanciulle audaci dal procace seno

e donne anziane dallo sguardo triste,

torsi e volti abbronzati, anime fiere:

chi va, chi viene, chi, a piè fermo, abbica,

chi ventila, chi accumula, chi rulla,

chi un frizzo lancia a la vicina amica,

chi ride o si risente per un nulla.

Le madri, a l’ombra dei covoni, allattano

L’ultimo nato (accanto c’è la culla,

il pentolino, il tripode,

il grezzo “cicene” con l’acqua fresca,

e la “sarcina” colma di provviste);

a rimpiattino giocano i bambini,

alto levando i nuvoloni di mosche

e strilli e polvere e dorata paglia.

Sembra l’amor tra gli uomini tornato,

è felice ogni cuore,

mentre veloce palpita il motore

de la trebbiatrice.

Tutto è ricchezza e forza in questo mese,

in cui il colono finalmente vede

mutarsi in frutto il seme che lanciò

a piene mani-

ne la rugosa terra.

Domani?

Già l’ombra si profila de l’inverno!

(Vincenzo D’ambrosio)